Pagina:Tartufari - Roveto ardente, Roma, Roux, 1905.djvu/125

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Flora — implorò Germano — giurami che non mi odierai; giurami che non mi dimenti cherai.

Flora crollò il capo, mentre un sorriso d'inef fabile tristezza le sfiorava la bocca scolorita:

--- Anche se tu m'appoggiassi sul petto la canna del tuo fucile e ti vedessi pronto a far fuoco so pra di me, io non potrei odiarti. Anche se io fossi morta e giacessi nel fondo di una tomba io non potrei dimenticarti. Tu dici di amarmi e ti credo. Tu dici che devi sposare Balbina, ma che m'ami lo stesso e ti credo! Se tu mi dicessi che io non sono io, che il sole è buio e che la notte è luminosa, io ti crederei, perchè quando tu parli 10 vivo e quando non ti ascolto io muoio! Ho la mamma lontana, il babbo più lontano ancora, 11 nonno sul punto di lasciarmi, mi trovo sola, abbandonata da tutti, anche da te, eppure non vorrei cambiarmi con Balbina, no, non vorrei. Bal bina ti fa soffrire e io darei tutto il mio sangue per vederti contento. Come vuoi dunque che io possa odiarti? Come vuoi che io possa dimenti carti?

Il giovane l'ascoltava rapito. — Così parlano gli angioli del paradiso — egli pensava con un fervore religioso di tutta l'anima, ed era sul punto di prostrarsi a terra bocconi, di baciarle il lembo estremo della gonna, di annichilirsi per esaltarla, di volgerle un inno di adorazione e di grazie, quando il dottore Giani, rapido come un baleno, fu sopra alla giovanetta, la ghermì violento per un braccio e le impose con accento strozzato, tante la collera lo soffo cava: — A casa, a casa. Tu non sei la figlia di un