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Pagina:Tartufari - Roveto ardente, Roma, Roux, 1905.djvu/183

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alle lacrime, baciò la mano della signora contessa, coprì di benedizioni tutta la casa, e se ne andò per le sue faccende.

Flora e Adriana rimasero sole nella silenziosa cameretta; la madre piegata in due, sopra la seg giola, a meditare; la figliuola col gomito appog giato sul davanzale della finestra e l'occhio az zurro vagamente perduto nell'azzurro del cielo.

Adriana si alzò, si stirò a lungo con le braccia in alto, sbadigliò a più riprese, contorcendosi co me una biscia, poi, gettando indietro con atto fastidito del capo la massa aurata dei capelli, chiamò con dolcezza la figliuola.

— Vieni qui, Flò. La fanciulla si avvicinò, e Adriana le posò ambo le mani sopra le spalle, mormorandole all'orecchio con voce di preghiera: — La piccola Flò vuol togliere d'impaccio la sua mammina e domandare mille lire all'onore vole? Flora ebbe un grido impetuoso di ribellione. — No, mai, mai. Adriana guardò la figliuola con occhio colmo di stupore. — Si direbbe che l'onorevole ti abbia qualche volta mancato di rispetto. Flora protestò sinceramente. — No, io non posso che lodarmi del suo con tegno verso di me; anzi ti dirò che non imma ginavo l'onorevole tanto delicato. Era vero. L'onorevole Montefalco aveva pro vato subito per Flora un sentimento tutto pa terno. Quella giovanetta cosi candida, gli ricor dava le figliuole assentì e, di fronte alla limpi dezza de' suoi occhi turchini, provava un certo