Pagina:Tartufari - Roveto ardente, Roma, Roux, 1905.djvu/185

Da Wikisource.

La pioggia delle lagrime divenne più copiosa e alcune di quelle stille vive caddero sopra il collo nudo di Adriana, la quale ne rimase scon volta.

— Non piangere così, piccola bestiolina. Se il togliermi d'impiccio ti costa tanto dolore, eb bene, vada pure tutto a rotoli. Il portiere stre piti, Penelope strilli, succeda il finimondo; ma io non voglio veder piangere la mia piccola Flò! — e, vinta dal contagio del pianto, cominciò a singhiozzare anche lei, nascondendo il volto nel petto della figliuola e ripetendo disperatamente che voleva morire.

Flora provò uno slancio di tenerezza appas sionata verso sua madre.

— Tu sei buona, mamma, e io ti amo. No, quella gente non ti deve umiliare, non ti deve martirizzare — e Flora stringeva la madre con ardore nelle sue braccia, quasiché la rivedesse dopo una lunga assenza o la riacquistasse dopo un pericolo.

Adriana si svincolò con dolcezza dalle braccia della figliuola, le aggiustò una ciocca di capelli, che nella foga delle carezze si era scomposta, e le disse, baciandola:

— Fa quello che tu vuoi; ma ricordati che io non ti obbligo. No, non ti obbligo in nessun modo — e se ne andò per abbigliarsi.

Flora intrecciò le dita col gesto che era in lei abituale e, color di porpora in volto, corruscanti gli occhi per le recenti lacrime, sollevato il petto da un respirare frequente, rimase immota nel mezzo della stanza a interrogare sé stessa e a misurare le proprie forze. Avrebbe ella trovato in sè il coraggio di superare la ripugnanza e ri-