Pagina:Tartufari - Roveto ardente, Roma, Roux, 1905.djvu/292

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si ammassavano in viluppi, chiazzando di verde cupo il verde gioioso delle foglioline pendule, oscillanti nell'aria; quello stormire improvviso delle cime fronzute al passaggio di un soffio di vento; quel brusio dell'erba che freme al guiz zare di una lucertola, o di un fiore selvaggio che oscilla al volare di un insetto; quell'agitarsi mi sterioso e fervido della terra sotto il sole, gli atteggiamenti bizzarri dei tronchi, ora quasi ada giati al suolo, ora contorti come gnomi, eppure tanto leggiadri nella loro deformità, ora snelli ed eretti, ora tarchiati e solidi, viventi assieme in fratellevole placidità; tutto l'avvicendarsi verti ginoso, quantunque ritmico, della esistenza vege tale, là dove l'acqua serpeggia a fecondare ogni granello di polvere, richiamavano Flora al pen siero della campagna da lei non più riveduta e la facevano riandare ai giorni obliati della casa bianca, quando il ritorno di ogni primavera le portava il tributo di nuove, portentose rivela zioni.

Era come ebbra. Immergeva le dita tra le foglie de: rami, cinguettava, rideva, incitava Ger mano all'ammirazione con piccoli gridi giulivi di stupore.

— Guardi, guardi quel tronco biforcuto! Pare zoppo! E quel ciuffo di foglie che si affaccia lassù? Pare che rida. O Dio, questo piccolo ramo quanto è dispettoso! Ha tentato di cavarmi un occhio!

--- Lo ha fatto per ischerzo, madama — di ceva Frigarello gravemente. — Gli alberi sono burloni.

--- Sicuro, sicuro!--esclamava Flora --deve essere proprio così. Gli alberi sono burloni. Ec-