Pagina:Tartufari - Roveto ardente, Roma, Roux, 1905.djvu/338

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Germano, a cui piaceva il cicaleggio confidenziale dopo i momenti d'intimità.

— Quando ci rivedremo? — egli le domandava, sollevandole la veletta per darle ancora un bacio.

— Quando vuoi — ella rispondeva con melan conica stanchezza, e volgeva il capo perchè il bacio di lui non la cogliesse sulla bocca.

Usciva sfinita da quei colloqui, con le membra spezzate e la testa indolenzita. Le ossa le face vano male come se fosse precipitata da grande altezza e nel vuoto del cervello sentiva circolarsi un freddo persistente come l'ala di un grande uccello sinistro, che si agiti nell'apertura di una voragine.

Ma bastava che rimanesse due giorni senza vedere i Rosemberg, perchè l'amore ingigantisse nuovamente in lei, sollevandola di peso fra i nimbi azzurri di regioni fantastiche, dov'ella chia mava Germano, protendendo le braccia verso di lui e adornandolo di ogni bontà e ogni bellezza.

Viveva così in un perpetuo ondeggiare di al talena, ora attingendo col capo le nubi a inebbriarsi di fulgori, ora strisciando i piedi tra la polvere del suolo; ma irrequieta sempre, avvolta sempre dal soffio vacuo del vuoto in mezzo al quale rimaneva sospesa.

Il cavaliere non conosceva ancora la famiglia Rosemberg, quantunque Anna Maria gli parlasse continuamente di Balbina con parole esaltate di elogio.

Ricordava egli che Germano era stato innamo rato di sua moglie? Nessuno avrebbe potuto dirlo. Egli diventava di giorno in giorno più taciturno, scambiando appena con Flora le poche parole necessarie alla cortesia famigliare.