Pagina:Tartufari - Roveto ardente, Roma, Roux, 1905.djvu/358

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cinetto; ma ogni ora impiegava per lei un secolo a passare e spesso fissava sgomenta il quadrante del grande orologio a pendolo, paurosa che le sfere si fossero arrestate per virtù di malvagio incantamento. Da quanto tempo si trovavano lì? Giorgio e Germano non compievano, forse, i mi steri di un rito occulto, movendo i piccoli dadi segnati in bianco su fondo nero?

E Balbina, così deforme, non era forse il suo cattivo genio che le si era collocato accanto per l'eternità? La chioma di lei fiammeggiava simile alla coda di una cometa, e Flora pensava di es sere stata condannata per castigo a restare vicino a quel tavolo, in mezzo a quella gente strana e implacabile.

Già da mesi ella aveva di simili allucinazioni. Talvolta smarriva l'idea del tempo, non ricordan dosi più se si fosse nella mattina o nel pome riggio. La tonalità della luce le appariva insolita, gli oggetti famigliar! assumevano inconsueta tìsonomia ed ella s'interroriva per questa indecisione dell'ora, si stringeva forte le tempie e riusciva, finalmente a rientrare nella realtà. Talvolta,- per la via, attraversando luoghi notissimi, non giun geva ad orientarsi e doveva porre mente alla vetrina di un negozio o alla insegna di una ditta per decidere in quale punto della strada si tro vasse e da quale parte dovesse volgere.

Una mattina, in via Veneto, si fermò come impietrita e si mise a tremare.

Vecfendo il palazzo Margherita immerso nel sole e una donna nerboruta attraversare il mar ciapiede solitario con una cesta di erbaggi sulla testa, subì l'impressione di aver ciò veduto un'altr volta, nell'epoca remotissima di una vita anterior