Pagina:Tasso, Torquato - Il Re Torrismondo, Pisa, 1821.djvu/100

Da Wikisource.
96 IL TORRISMONDO

Chi scuote dalle nubi il Ciel tonando,
O pur la mansueta, e gentil figlia.
Ma ’l superbo guerrier la mira, e turba.
E lascivi Animali ancora io sguardo,
A cui vicino è Marte, e vibra il ferro:
E i duo Pesci lucenti il dorso e ’l tergo,
L’uno a Borea innalzarsi, e l’altro scendere
All’Austro, e di tre giri, e di tre fiamme
Acceso il Cielo; e da quel nodo avvinto
Tre volte intorno, e minacciando appresso
Il fero Sol, che regge il quinto cerchio.
E pien d’orrore ogni altro, e di spavento
De’segni, e degli alberghi empio tiranno,
Girando intorno ir con veloce carro,
O signoreggi a sommo il Cielo, o caggia.

CORO

Vero, o falso che parli, ei solo intende
Le sue parole, e ’l suo giudicio è incerto
Non men del nostro. E se l’uom dar potesse
Per sapíenza sapíenza in cambio,
Aver potrebbe accorgimento, e senno,
Quanto bastasse a ragionar co’ Regi.

INDOVINO

Lasciamlo. Or trovi le spelonche, e i monti,
Ove nulla impedir del Ciel notturno
Gli può l’aspetto. Ivi a sua voglia intenda
A misurarlo, a numerar le stelle,
E con danno minor sè stesso inganni,
Se così vuole.

INDOVINO

Anzi ch’al fine aggiunga
Una di quelle omai fornite parti,
Delle cui note ho questo legno impresso,