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ATTO QUINTO 119

SCENA QUINTA

GERMONDO, CAMERIERO

GERMONDO

Qual suon dolente, il lieto dì perturba?
E di confuse voci, e d’alte strida
Qual tumulto s’aggira? e di temenza
Son questi, o di gran doglia incerti segni?
Forse è dentro il nemico, a pur s’aspetta?
Ma sia, che può: nen sarò giunto indarno:
E dar non si potrà Norvegio,o Dano
Del suo fallace ardir superbo vanto.
Qual follìa sì gli affida, o quale inganno,
Se Torrismondo ha ’l fido amico appresso?

CAMERIERO

Oimè! che Torrismondo altro nemico
Non ebbe, che sè stesso, e la sua fede.

GERMONDO

Qual nimicizia intendi, o che ragioni?

CAMERIERO

Ei, Signor, la vi spone, e qui la narra;
Perchè questa è sua carta; io fido servo.

GERMONDO

Oimè! quella, ch’io leggo, e quel ch’intendo!
Odi le sue parole, e ’l mio dolore:
« Scrivo innangi al morire, e tardi io Scrivo,
E tardi io muojo. Altri m’è corsa innanzi:
E la sua morte di morir m’insegna,
Perch’io muoja più mesto, e più dolente,
Una donna seguendo: e sia l’estremo,