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122 IL TORRISMONDO

L’amico suo, nè ritrovò l’amante:
La milizia l’onor, ch’orba divenne:
Questo regno il Signore: io la speranza
D’ogni mia gloria, e d’ogni mio diletto.
Perdere ancora il Cielo il Sol dovrebbe,
E ’l Sole i raggi, e la sua luce il giorno,
E per pietà celar l’oscura notte
Il fallo altrui col tenebroso manto:
Perdere il mare i lidi, e l’alte sponde
Gli ondosi fiumi, e ricoprir la terra
Ingrata; or che non sente, e non conosce
Il danno proprio, e non s’adira, e sterpe
Faggi, orni, pini, cerri, antiche querce,
Alti sepolcri, e d’infelice: morte
Dolente, e mesto albergo: o pur non crolla
Questa gran reggia, e le superbe torri:
E non percuote i monti a’ duri monti:
E non rompe i lor gioghi, e i gravi sassi
Non manda giù dall’aspre rupi al fondo:
E nel suo grembo alta ruina involve
Di mete, di colossi: e di colonne,
Perché sia non angusta, e ’ndegna tomba:
E da valli, e da selve, e da spelonche,
Con spaventose voci alto non mugge
Per far l’esequie coll’estremo pianto,
Che darà al mondo aneor perpetuo affanno.