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ATTO QUINTO 127

GERMONDO

S’io potessi, Regina, i figli vostri
Colla mia morte ritornare in vita,
Sì ’l farei senza indugio; e ’n altro modo
Creder non posso di morir contento.
Ma poichè legge il nega aspra, e superba
Di spietato destin, vivrò dolente
Sol per vostro sostegno, e vostro scampo.
E saran con funebre, e nobil pompa
I vostri cari figli ambo rinchiusi
In un grande, e marmoreo sepolcro,
Perchè questo è de’ morti onore estremo;
Benchè ad invitti Re, famosi in arme,
Sia tomba l’universo, e ’l cielo albergo.
A voi dunque vivrò, Regina, e madre:
Voi sarete Regina, io vostro servo,
E vostro figlio ancor, se troppo a sdegno
Voi non m’avete. A voi la spada io cingo:
Per voi non gitto la corona, o calco:
Nè spargo l’arme sì felici a tempo:
E non verso lo spirto, e spando il sangue.
Pronto a’ vostri servigi, al vostro cenno,
Sin, che le membra reggerà quest’alma,
Sarà col proprio regno il Re Germondo.

REGINA

Oimè! che la mia vita
È quasi giunta al fine:
Ed io pur anco vivo,
Perchè l’amara vista
Mi faccia di morire
Viepiù bramosa
Co’ dolci figli,
Ahi, ahi, ahi, ahi!