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144 TRAGEDIA NON FINITA
Feroce, inesorabile, e superbo,

Soccorso a’ vinti, e quasi, oppressi amici:
L’altro, ammollito da pensier lascivi,
Vedi spogliarsi il duro cuojo, e involto
In gonna femminil torcerere il fuso.
Mira Alessandro ancor, che da’ conviti
Corre sovente al ferro, e talor mesce
Col vino il sangue, e sulle liete mense
I suoi più cari furioso uccide.
In questi esempj ti consola, o figlio.
Vedesti bella, e giovinetta donna,
E ’n tua balia l’avesti; e non ti mosse
La bellezza ad amare: ed invitato
Non rispondesti agli amorosi inviti:
Desti ad Amor quattro repulse, e sei:
Raffrenasti il desio, gli sguardi, e i detti:
Alfin Amor, Fortuna, il tempo, e ’l loco
Vinser la tua costanza, e la tua fede.
Errasti; e gravemente, in vero, errasti:
Ma però senza esempj, e senza scusa
Non è il tuo fallo, nè di morte degno.
Nè morte, ch’uom di propria man si dia,
Scema commesso error, anzi l’accresce.
Galeal. Se morte esser non può pena, od emenda
Giusta del fallo, almen de’ miei martirj
Sarà rimedio, e fine.
Consigl.  Anzi principio,
E cagion fora di maggior tormento.
Galeal. Come viver debb’io? sposo d’Alvida?
O pur di lei privarmi? io ritenerla
Non posso, che non scopra insieme aperta
La mia perfidia: e s’io da me la parto,
Come l’anima mia restar può meco?
Il duol farà quel, che non fece il ferro.
Non è, questo, non è fuggir la morte,
Ma sceglier di morir modo più acerbo.
Consigl. Non è duol così acerbo, e così grave,
Che mitigato alfin non sia dal tempo,
Consolator degli animi dolenti,
Medicina, ed obblio di tutti i mali.
Benchè aspettar a te non si conviene
Quel conforto, ch’al volgo anco è comune;
Ma prevenirlo devi, e da te stesso