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148 TRAGEDIA NON FINITA

SCENA TERZA

STRANIERO, CORO, GALEALTO
CONSIGLIERO


Stranier. L’errar lontan dalla sua patria, e ’l gire

Peregrinando per le terre esterne,
Mille disagi seco, e mille rischi
Suole ognora apportar; ma pur cotanto
È ’l piacer di veder cose novelle,
Paesi, abiti, usanze, e genti strane;
E così nelle menti de’ mortali
Il desiderio di sapere è innato,
Che nel peregrinar non si pareggia
Col diletto l’affanno. Altri ozioso
Sieda pur nelle sue paterne case:
Del letto marital covi le piume,
E nel sen della moglie i molli sonni
Dorma sicuro; or sotto l’ombra al suono
D’un mormorante rivo, or dove tempri
Il rigor d’Aquilon tepida stanza;
Ch’io però gli ozj suoi nulla gl’invidio.
Me di seguire il mio Signor aggrada,
O de’ monti canuti il ghiaccio calchi,
O le paludi pur, ch’indura il verno.
Ed or, quanto m’è caro, e quanto dolce
L’esser seco venuto all’alta pompa,
Che s’apparecchia per le regie nozze
In quest’alma cittade! Egli mi manda
Suo precursor al Principe Norvegio,
Perch’io gli dia del suo arrivar avviso.
Ma voglio a quel guerrier, che colà veggio,
Chieder, dove del Re sia la magione.
Amici, a me, che qui straniero or giungo,
Chi fia di voi, che l’alta Reggia insegni?
Coro Vedi là quel di marmo, e d’or superbo
Edificio sublime? ivi è la stanza
Del Signor nostro: ed egli stesso è quello,
Ch’or vedi in atto tacito, e pensoso
Starsi con quel canuto, e saggio vecchio.
Stranier. O magnanimo Re della Norvegia,
Il buon Torindo, Regnator de’ Goti,