Pagina:Tasso, Torquato - Il Re Torrismondo, Pisa, 1821.djvu/49

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ATTO SECONDO 45

Di preziose vesti? e non accresci
Con abito gentil quella bellezza,
Ch’il Cielo a te donò cortese, e largo,
Prendendo, come è pur la nostra usanza,
L’aurea corona, o figlia, e l’aureo cinto?
Bellezza inculta, e chiusa in umil gonna,
È quasi rozza e mal polita gemma,
Ch’in piombo vile ancor poco riluce.

ROSMONDA

Questa nostra bellezza, onde cotanto
Sen va femmineo stuol lieto, e superbo,
Di natura stim’io dannoso dono,
Che nuoce a chi ’l possiede, ed a chi ’l mira;
La qual, vergine saggia anzi dovrebbe
Celar, ch’in lieta danza, od in teatro
Spesso mostrarla altrui.

REGINA

Questa bellezza
Proprio ben, propria dote, e proprio dono
È delle donne, o figlia, e propria laude,
Come è proprio dell’uom valore, e forza.
Questa in vece d’ardire, e d’eloquenza
Nè diè natura, o pur d’accorto ingegno.
E fu più liberale in un sol dono,
Ch’in mill’altri, ch’altrui dispensa, e parte.
Ed agguagliamo, anzi vinciam con questa,
Ricchi, saggi, famosi, industri, e forti.
E vittorie, e trionfi, e spoglie, e palme,
Le nostre sono, e son più care e belle,
E maggiori di quelle, onde si vanta
L’uom, chedi sangue è tinto, e d’ira colmo.
Perch’i vinti da loro aspri nemici
Odiano la vittoria, e i vincitori:
Ma da noi vinti seno i nostri amanti,