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46 IL TORRISMONDO

Ch’aman le vincitrici, e la vittoria,
Che gli fece soggetti. Or s’uomo è folle,
S’egli ricusa di fortezza il pregio,
Non dei già tu stimare accorta donna
Quella, che sprezzi il titol d’esser bella.

ROSMONDA

Io piuttosto credea che doti nostre
Fossero la modestia, e la vergogna,
La pudicizia, la pietà, la fede;
E mi credea, ch’un bel silenzio in donna
Di felice eloquenza il merto agguagli.
Ma pur, s’è così cara altrui bellezza,
Come tu di’, tanto è sol cara, o parmi,
Quanto ella è di virtù fregio e corona.

REGINA

Se fregio è dunque, esser non dee negletto.

ROSMONDA

S’è fregio altrui, è di sè stessa adorna.
E bench’io bella a mio parer non sia,
Siccome pare a voi, ch’in me volgete
Dolce sguardo di madre, ornar mi deggio,
Chè sarò se non bella, almeno ornata;
Non per vaghezza nuova, o per diletto,
Ma per piacere a voi, del voler vostro
È ragion, ch’a me stessa io faccia legge,

REGINA

Ver dici, e dritto estimi, e meglio pensi.
E vo’ sperar, ch’al peregrino invitto
Parrai quale a me sembri; onde sovente
Dirà fra se medesmo sospirando:
Già sì belle non son, nè sì leggiadre
Le figliuole de’ Principi Sueci.