Pagina:Tasso, Torquato - Il Re Torrismondo, Pisa, 1821.djvu/65

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ATTO TERZO 61

E parlerò; ma fin che il Re s’attende,
Lascerò gli altri riposar. Frattanto
Molte cose fra me volgo, e rivolgo.
Dura condizione, e dura legge
Di tutti noi, che siam ministri, e servi.
A noi, quanto di grave è quaggiù, e d’aspro,
Tutto far si conviene, e diam sovente
Noi severe sentenze, e pene acerbe.
Il diletto, e ’l piacer serbano i Regi
A se medesmi, el far le grazie, e i doni.
Nè già tentar m’incresce il dubbio guado,
Che men torbido sembra, e men sonante,
A chi men vi rimira, e men v’attende;
Chè leve ogni fatica, ed ogni rischio
Mi farà del mio Re l’amore, e ’l merto.
Ma spesso temo di tentarlo indarno,
S’egli medesmo o prima, o poi, nol varca.
Favorisca Fortuna il mio consiglio,
E ceda il Re di Suezia al Re de’ Goti
Quest’amor, questo giorno, e queste nozze,
Che degli autichi Goti è ’l primo onore.
E pur cede all’onore il grave, e ’l forte,
E ’l fortissimo ancora. E bench’agguagli
L’uno dell’altro Re la gloria, e l’opre,
Quest’è maggior per dignitate eccelsa
Di tanti Regi, e Cavalieri invitti,
Che già l’imperio soggiogar del Mondo.
Cedagli dunque l’altro. E ben è dritto,
Corp’all’alma stagion, ch’i frutti apporta,
Partendo cede il pigro e ’l freddo verno:
O come della notte il nero cerchio
Concede al Sole, ove un bel giorno accenda,
Sovra i lucenti e candidi cavalli,