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62 IL TORRISMONDO

O come la fatica al dolce sonno,
O come spesso cede in mar, che frange,
Quel che perturba, a chi racqueta il flutto;
Dal Sole impari, e dalle stelle erranti,
Dalle sublimi cose, e dall’eterne,
A ceder l’uomo all’uom terreno, e frale.
Forse altre volte e già preveggio il tempo,
Al mio Signor non cederà Germondo:
Ma ceduto gli fia; così mantiensi
Ogni amicizia de’ mortali in terra.


SCENA SECONDA

ROSMONDA

O possente Fortuna, a me pur anco,
Che fui dal tuo favor portata in alto,
Con sembiante fallace or tu lusinghi,
E d’altezza in altezza, ov’io paventi
La caduta maggior, portarmi accenni,
Quasi di monte in monte. E veggio omai,
O di veder pens’io, sembianze, e forme
D’inganni, di timori, e di perigli.
Oh quanti precipizj! Appressa il tempo
Da rifiutar le tue fallaci pompe,
E i tuoi doni bugiardi. A che più tardo?
A che non lascio le mentite spoglie,
E la falsa persona, e ’l vero nome,
Se’l mio valor non m’assicura, ed arma?
Bastava che di Re sorella, e figlia
l'ossi creduta. Usurperò le nozze
Ancor d’alta Regina, audace sposa,
E finta moglie, e non verace amante?