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ATTO TERZO | 69 |
Egli più non mi disse, io più non chiesi.
Seppi dappoi, ch’i più famosi Magi
Predicevano al Re l’alta vendetta.
ALVIDA
Ma prima nuova ingiuria il duolo accrebbe,
E fè maggior nell’orbo padre il danno.
Perchè a’ Dani mandando ajuto in guerra
Col suo figliuol, che di lucenti squadre
Troppo inesperto duce allor divenne,
Contra i forti Sueci, a cui Germondo,
Già nell’arme famoso, ardire accrebbe,
Vi cadde il mio fratello al primo assalto,
Dal feroce nemico oppresso, e stanco.
Ei di seriche adorno ed auree spoglie,
Ch’io di mia propria mano avea conteste,
Tutto splendea, sovra un destrier correndo,
Lo qual nato parea di fiamma e d’aura:
E la corona ancor portava in fronte,
Che ’l possente guerrier gli ruppe, e trasse;
E gli uccise il cavallo, e sparse l’armi,
E fè caderle in un sanguigno monte,
Dove, ahi lassa! morì nel fior degli anni.
E colle spoglie il vincitor superbo
Indi partissi, e ’l suon dolente e mesto
Si sparse intorno, e ’l lagrimoso grido.
Altri danni, altre guerre, altre battaglie;
Altre morti seguiro in picciol tempo.
Nè poi successe certa e fida pace,
Nè fur mai queti i cori, o l’ira estinta.
Ecco alla giostra i Cavalieri accoglie
Il Re mio padre, e com’altrui divolga
Pubblico bando in questa parte e ’n quella,
Al vincitor promesso è ’l ricco pregio.