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70 IL TORRISMONDO

Vengon da regni estrani al nostro regno,
E da lontane rive a’ lidi nostri
Famosi Cavalieri, a prova adorni
Di fino argento e d’or, di gemme e d’ostro,
D’altri colori, e di leggiadre imprese.
Tutto d’arme, e d’armati il suol risplende
Dell’ampia Nicosia. Risuona intorno
Di varj gridi, e varj suoni il campo.
Fuor dell’alta cittade il Re n’alberga,
Co’ suoi giudici assiso in alto seggio;
Io fra nobili donne in parte opposta.
Si rompon mille lance in mille incontri,
E mille spade fauno uscir faville
Dagli elmi, e dagli usberghi. Il pian s’ingombra
Di caduti guerrieri, e di cadenti.
È dubbia la vittoria, e ’l pregio incerto ì.
E mentre era sospesa ancor la palma,
Appare un Cavalier con arme negre,
Ch’estranio mi parea, con bigie penne
Diffuse all’aura ventilando e sparse;
Che parve al primo corso orribil lampo,
A cui repente segua atra tempesta.
Rotte già nove lance, il Re m’accenna,
Che mandi in dono al cavaliero un’asta.
Con questa di feroce e duro colpo
Quel, che gli altri vincea, gittò per terra.
Nè men possente poi vibrando apparse
La fera spada in varj assalti. Ei vinse,
E poi fu coronato al suon di trombe.
Io volea porli in testa aurea corona,
Ma non la volle a noi mostrare inerme,
Ond’io la posi, ei l’accetto, sull’elmo.
Cortesia ritrovò, che ’l volto, e ’l nome