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LUIGI TANSILLO

195 ii
P
OI che spiegat’ho l’ale al bel desio,

Quanto più sotto ’l piè l’aria mi scorgo,
               Più le superbe penne al vento porgo,
               4E spregio il mondo, e verso ’l ciel m’invio.
          Nè del figliuol di Dedalo il fin rio
               Fa che giù pieghi, anzi via più risorgo:
               Ch’io cadrò morto a terra, ben m’accorgo;
               8Ma qual vita pareggia il morir mio?
          La voce del mio cor per l’aria sento:
               ‘ Ove mi porti, temerario? china,
               11Chè raro è senza duol troppo ardimento.’
          ‘ Non temer,’ rispond’io, ‘ l’alta ruina;
               Fendi sicur le nubi, e muor’ contento,
               14Se ’l ciel sì illustre morte ne destina! ’


GASPARA STAMPA

Sonetti

196 i 1523-†1554
C
HI vuol conoscer, donne, il mio signore,

Miri un signor di vago e dolce aspetto,
               Giovane d’anni e vecchio d’intelletto,
               4Immagin della gloria e del valore:
          Di pelo biondo e di vivo colore,
               Di persona alta e spazïoso petto,
               E finalmente in ogni opra perfetto,
               8Fuor che un poco, oimè lassa! empio in amore.
          E chi vuol poi conoscer me, rimiri
               Una donna in effetti ed in sembiante
               11Immagin della morte e de’ martiri;
          Un albergo di fè salda e costante.
               Una che, perchè pianga, arda e sospiri,
               14Non fa pietoso il suo crudele amante.


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