Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo I, Classici italiani, 1822, I.djvu/127

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78 parte

cui l’infelice poeta fu privo degli occhi. Se pure, come a maggior gloria di Omero tornò il suo accecamento medesimo, non dee l’Etruria in qualche modo gloriarsi che in essa trovasse egli di questo suo nuovo onore l’origine e l’occasione.


La lingua degli Etruschi non è ancora ben conosciuta. XXXI. A compire questo trattato dell’etrusca letteratura parrà forse ad alcuno che ancor rimanga ch’io prenda a parlare de’ caratteri e della lingua degli Etruschi. Ma io non penso di dover entrare in sì difficile argomento. Veggo ed ammiro le fatiche che intorno ad esso han sostenute uomini eruditissimi. Ognuno ha preteso di aver colto nel vero, e di avere sciferate le lettere dell’etrusco alfabeto, e il senso di lor parole. I primi a tentare l’impresa furono applauditi e ottenner lode. Altri ne venner dopo che distrussero il sistema de’ primi, e un nuovo alfabeto formarono e una nuova lingua. Ma anche il loro regno, per così dire, ebbe poca durata, e di tanto in tanto veggiam sorgere nuovi Edipi, e accingersi a nuove spiegazioni dell’oscuro enimma. In tanta lontananza di tempo, in tanta diversità di lingue, in sì grande scarsezza di antichi scrittori, io stimo quasi impossibile l’accertar cosa alcuna. Mi sia lecito dunque il tenermi lungi di sì spinosa quistione, e di accennar solamente, ma senza entrarne garante, il sentimento degli eruditi Inglesi autori della Storia Universale, i quali dopo avere esaminati da una parte i caratteri de’ monumenti più antichi che ci rimangono di qualchesia nazione, e dall’altra que’ che leggonsi in alcune iscrizioni e in alcune medaglie etrusche,