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di Siracusa, cioè Archimede. E quanto ad Archita già mentovato da noi tra’ filosofi, fiorì egli circa l’olimpiade xcvi, come dimostra il Bruckero (Hist. Crit. Phil. t. 1, p. 1128), e pel suo sapere venne in tal fama, che Platone ancora, oltre più altri, se gli diede a discepolo; nè solo della sua dottrina, ma della sua vita gli fu debitore. Poichè dannato a morte da Dionigi tiranno di Siracusa, ne fu campato per una lettera che al tiranno inviò Archita (Laërt. Vit. Philos. l. 8 in Archita). Più libri egli scrisse, che veggonsi mentovati dagli antichi autori, e dall’erudito Fabricio diligentemente annoverati (Bibl. Graec. t. 1, p. 493). Ma la geometria e l’algebra furon le scienze in cui per singolar modo si rendè celebre Archita. Fu egli il primo, al dir di Laerzio, che agli usi pratici rivolgesse la geometria, la qual fin allora a contemplazioni astratte ed inutili erasi applicata. Egli cominciò a ridurre a leggi determinate la meccanica, gli effetti esaminandone e spiegandone le ragioni; e del suo valore in questa parte di matematica diede egli un’illustre pruova col lavoro di una colomba di legno formata per modo che imitava il volo delle vere colombe. Esercitossi egli ancora intorno al famoso problema della duplicazione del cubo, e ne diede la soluzione che da Eutocio ne è stata conservata, della quale favellando il Montucla, dice che benchè essa sia unicamente speculativa, ci fa però concepire una vantaggiosa idea del suo autore (Hist. des Recherches sur la Quadrature du Cercle, p. 243). Intorno ad Archita e alle matematiche scoperte da lui