Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo I, Classici italiani, 1822, I.djvu/206

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espressione congiunta a tal nobiltà che le cose ancor più volgari sembrino grandi e sublimi; la chiarezza del dire, l'abbondanza de’ pensieri e de’ sentimenti, ma in poche parole ristretti, nel che a Demostene stesso lo antepone; l’evidenza delle descrizioni, con cui par che ogni cosa ponga sotto l’occhio degli uditori, e la renda loro presente; riflessione sul costume di coloro a cui si ragiona; forza nel persuadere; tutte in somma le virtù che in un perfetto orator si richieggono, e che sì di raro trovansi in un solo congiunte. Un sol difetto trova egli in Lisia, cioè che nel commovimento degli affetti suol esser languido e debole, ed abbassarsi nel perorare più che a grave oratore non si conviene. E questa fu la ragione per cui Socrate vicino ad esser condannato a morte usar non volle di un eloquente orazione che Lisia a difenderlo avea composta, perchè indegna gli parve della filosofica gravità e di quella costanza d’animo che avea fin allora serbata (Cic. l. 1 de Orat. Laërt. in Vit. Socr. Valer. Max.l. 8, c. 4). Ma nonostante questo difetto non lascerà Lisia di esser considerato come uno de più perfetti oratori che mai sorgessero, e che coll’esempio suo formando venne ed animando tanti famosi oratori quanti poi vantonne la Grecia. Veggasi ancor l’elogio che di Lisia ci ha lasciato Fozio (Bibl. n. 262), il quale aggiugne che essendo egli assai spesso venuto a contesa di eloquenza co’ suoi avversarii, due volte solo rimase vinto. Morì egli in Atene in età di circa ottant’anni nella centesima olimpiade, due anni