Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo I, Classici italiani, 1822, I.djvu/228

Da Wikisource.

seconda 179

multitudine, quae praeclaris illius monumentis atque picturis gloriantur ex aequo, statuere haud in promptu est. Crotoniatis operam suam cum navasse Zeuxis a Tullio dicatur (l. 2 de Invent.), sit autem Heraclea in eodem tractu Crotoni Vicina, haud scio, au suspicari liceat oriundum ex ea fuisse. Ma ancorchè si provasse che Zeusi non italiano fosse, ma greco; il sapere ch’ei fu condotto a gran prezzo a dipingere in Italia, che Demofilo siciliano fu creduto da molti di lui maestro, che un Silaso da Reggio fu chiamato a dipingere nel Peloponneso (V. l’Usage des Statues l. 1, c. 8), e che la pittura fu sempre in gran pregio e nella Sicilia e nella Magna Grecia, basta a conchiudere con fondamento che quest’arte ancora ebbe in queste provincie illustri e felici coltivatori.


Che cosa si possa creder di Dedalo. XXXIII. Parrà forse strano ad alcuno, che parlando del fiorir che fecero tra Siciliani le belle arti, niuna menzione io abbia fatta di Dedalo, del qual si dice che fuggendo da Atene prima e poi da Creta, si rifugiasse in Sicilia presso il re Cocalo, e che ivi nella scultura singolarmente facesse opere maravigliose. Questo è in fatti ciò che di lui raccontano Diodoro Siculo, Plinio, Pausania ed altri antichi scrittori, i cui detti sono stati raccolti ed eruditamente esaminati dall'ab. Banier nella sua spiegazion delle Favole (t. 6, p. 305, ec.), e da m. Gedoyn in una Memoria inserita nel t . xxi dell’Accademia delle Iscrizioni e delle Belle Lettere. Ma, a vero dire, io non so abbastanza fidarmi all’autorità de citati benchè antichi e