Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo I, Classici italiani, 1822, I.djvu/240

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et legislatorem prudentissimum Numam fuisse adeo non negamus, ut facile in Plutarchi sententiam concedamus, praeferndum esse Lycurgo legislatorum fere principi. Verum haec virum quidem prudentem constituunt, qua ex causa Cicero quoque ei sapientiam constituendae patriae, et Plutarchus prudentiam civilem recte tribuunt, non vero philosophum faciunt. “Più favorevole al sapere astronomico di Numa è m. Bailly, il quale osserva ch’ei fu assai più esatto nel regolare il suo calendario, di quel che fossero i Greci a que’ tempi (Hist. de l’Astronom. Ancienne p. 194, 435, ec.); e che anche, secondo alcuni, egli ebbe notizia del vero sistema del mondo, che fu poi adottato dalla scuola pittagorica; la qual lode però egli pensa, e parmi a ragione, che senza bastevole fondamento si attribuisca a Numa„.


Tenui indizii che abbiam della loro letteratura. II. Cicerone stesso, di cui non vi ebbe mai il più zelante scrittore nel sostenere le glorie della sua patria, non ha potuto rinvenire argomenti che con qualche probabilità dimostrassero avere i Romani fino da’ primi secoli coltivate le scienze. Vorrebbe egli pur persuaderci (l. 4 Quaest. Tusc. in Exord.) che la pittagorica filosofia fosse dagli antichi Romani conosciuta ed abbracciata. La vicinanza della Magna Grecia in cui visse Pittagora, e dopo lui tanti e sì illustri filosofi di lui discepoli, dovette certamente, secondo lui, risvegliar ne’ Romani il desiderio di esserne essi pure istruiti. Ma tutti i vestigi che di questa pittagorica filosofia egli ha potuto trovare nell’antica Roma, si riducono all’uso di cantare ne’ conviti a suon