Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo I, Classici italiani, 1822, I.djvu/246

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libro primo 197

Appio Claudio, mentre era decemviro, cioè circa l’an. 303, avvenutosi a vedere una fanciulla figliuola di L. Virginio, mentre se ne stava in iscuola leggendo, dum in ludo literario legeret, se ne invaghì; e anzi aggiugne: tunc autem puerorum ludi literarii erant circa forum. Il che pure in somigliante maniera si narra da Livio (l. 3, c. 44)- Ma assicurandoci Svetonio che la gramatica cominciò assai più tardi ad essere coltivata in Roma, pare evidente che queste non fossero scuole che de’ primi elementi, a cui perciò le fanciulle ancora intervenissero, e vi apprendessero a leggere e a scrivere.


La sola giurisprudenza ebbe qualche coltivatore. VI. Il solo studio delle leggi ebbe a quel tempo alcuni coltivatori; poichè avendo Roma le sue leggi, necessariamente essere vi doveva chi facessene attento studio per interpretarle al bisogno. In esse certo doveva esser versato quel famoso Papirio, il quale a’ tempi di Tarquinio il Superbo per volere del senato e del popol romano raccolse e ordinò tutte le leggi che da’ predecessori di lui erano stat promulgate, affinchè non avesse effetto il disegno che formato avea Tarquinio di abolirle tutte, e di reggere a suo capriccio l’impero. Ne fu dunque data a Papirio la commissione, ed egli sì felicemente la adempiè, che le leggi da lui raccolte ebbero il nome di Codice Papiriano. I frammenti che di esso ci sono rimasti, sono stati raccolti dal dotto avvocato Antonio Terrasson nell'erudita sua Storia della Romana Giurisprudenza (part. 1, § 5, 6, ec). Maggiore ancora esser dovette lo studio delle