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214 | parte terza |
Plauto, a somiglianza di tutti gli antichi poeti latini, da’ poeti greci traeva gli argomenti delle sue commedie, e greci personaggi introduceva sulla scena, così faceagli ancor parlare all’usanza de’ Greci, presso i quali il non esser Greco era lo stesso che esser barbaro. Quelle parole os columnatum vuolsi verisimilmente dagl’interpreti che usate fossero da Plauto a spiegare un cotale atteggiamento di Nevio, allor quando stavasi pensieroso, cioè il sostenere e far colonna, per così dire, del braccio e della mano al mento. I due custodi spiegansi da Jacopo de l’Oeuvre (in Notis ad Plaut. ad usum Delph.) e da alcuni altri interpreti per due cani che star solessero sempre a’ fianchi di Nevio; ma più probabile sembra l’opinion del Vossio (loc. cit.) che disegnino i due sgherri che stavano a custodia del poeta prigione. Egli ne fu poi tratto, come si è veduto di sopra; ma s’egli è vero che morisse l’anno 549, convien dire che e breve fosse la prigionia, e poco tempo dopo esserne uscito, di nuovo incorresse l’indegnazione de’ grandi; perciocchè nella Cronaca Eusebiana all’olimp. cxliv, che corrisponde al suddetto anno, abbiamo che Nevio morì in Utica, cacciato da Roma per la fazione de’ nobili e singolarmente di Metello.
Sue Opere.
IX. Le tragedie e le commedie non furon le sole che celebre a suoi tempi rendessero questo poeta. La storia romana ancora fu da lui illustrata, perciocchè scrisse in versi la prima guerra Cartaginese. Pare che Ennio della gloria di Nevio fosse invidioso rivale; perciocchè ne’ suoi Annali recando la ragione per cui della