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libro secondo | 215 |
prima Punica guerra non prendeva egli a parare, dice:
Scripsere alii rem
Versibu’, quos olim Fauni vatesque canebant,
Cum neque Musarum scopulos quisquam superarat,
Nec dicti studiosus erat.
Così egli la rozzezza dello stile rimprovera a Nevio, e il men armonico metro da lui usato, perciocchè non aveva già egli scritto in versi esameri, ma in certi più rozzi versi che detti eran Saturnii (V. Festum in “Saturnus„); e a sé attribuisce il vanto di aver prima d’ogni altro superato il Pindo e poetato con eleganza. Ma è da udire in qual modo prenda Cicerone a ribatter l’accusa di Ennio, e a difender Nevio. La guerra Punica di Nevio, egli dice (De Cl. Orat. n. 19), il quale da Ennio vien posto tra’ Fauni e tra gli antichi indovini, a me piace non altrimenti che una statua di Mirone. Sia pure Ennio, com’è certamente, più perfetto poeta: se egli, come mostra di fare, avesse Nevio in disprezzo, non avrebbe già, descrivendo le guerre tutte, ommessa la prima Cartaginese che fu sì atroce. Ma egli stesso reca la ragione ch’ebbe di così fare. Altri, dice, l’hanno descritta in versi. Sì certo, e eloquentemente l’hanno descritta, benchè con istile men colto di quello che tu usasti, tu, dico, che o dei confessare di aver prese molte cose da Nevio, o sarai convinto di avergliene rubbate molte, se il nieghi. Anzi un altro poema ancor egli scrisse, intitolato: Iliados Cypriae, il cui primo e secondo libro si veggon citati da Sosipatro Carisio e da Prisciano nella raccolta