Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo I, Classici italiani, 1822, I.djvu/382

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LIBRO TERZO 333 di molto peso, è troppo evidente che non potè essere questo il motivo del suo esilio. Troppo spesso ei ci ripete che la ragione di esso si fu l’aver veduto un delitto, perchè possiamo cercarla in un delitto da lui commesso. XXX.VI. Alcuni per ispiegare qual fosse il delitto che veduto da Ovidio fosse cagione della sua sventura, hanno pensato ch’egli avesse sorpreso Augusto in colpa colla sua figlia Giulia, e che di ciò vergognato e sdegnato l’imperadore il rilegasse. Di questo parere, per lasciare altri più antichi, è M. Lezeau nella prefazione premessa alla sua traduzione in francese del primo libro de’ Fasti, stampata in Parigi l’anno 1714. Appoggiano questo lor sentimento a ciò che narra Svetonio (in Caligula c. 23), cioè che Caligola soleva dire la sua madre esser nata di Augusto e di Giulia sua figlia. Ma ancorchè fosse vero un tale delitto d’Augusto, di cui altra prova non si ha fuorchè un tal detto di Caligola a cui senza ingiuria possiam negar fede, già abbiamo accennato che l’ordin de’ tempi troppo apertamente combatte questa opinione, perciocchè ella fu rilegata da Augusto suo padre l’anno di Roma 747 , come narra Dione (l 55), cioè tredici anni prima di Ovidio. Così rigettata questa opinione, si ricorre qui ancora da alcuni all’altra Giulia nipote d’Augusto, con cui vogliono che fosse da Ovidio sorpreso l’avolo in colpa, ed osservano con verità, come sopra si è detto, che, verso lo stesso tempo che Ovidio, ella fu cacciata di Roma. Ma con qual fondamento accusare Augusto di tal delitto, singolarmente nell’età avanzata di settant’anni, quanti