Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo I, Classici italiani, 1822, I.djvu/399

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35o TARTE TERZA venuti alla luce (*). Certo è però, che quando la prima volta per opera di Pietro Pi Leo furono pubblicate le Favole di Fedro in Trojes l’anno 1596, molti temerono o di frode, o di errore; perchè niuna contezza erasene finallora avuta. Ma esaminatone poscia lo stile, chiaramente da tutti si riconobbe ch’esse erano di antico autore , e degne del secolo di Augusto. Così scrive il P.Vavasseur (l.de Ludicra dictione) come udito di bocca del P. Sirmondo che allor viveva. E certo lo stil di Fedro non è l’ultimo argomento che recar si possa a provare ch’egli visse al buon secolo; tanto esso è semplice e colto al medesimo tempo. So che alcuni altri ne han giudicato diversamente; e lo Scioppio tra gli altri così di lui autorevolmente decide: Eum tamen scriptorem velut domo barbar tini, et sermone non parum saepe plebejum, non nisi cum discrimine et delectu imitandum intelligo (Infam. Famian. p. 86). Al qual (*) Agli scrittori qui mentovati che han voluto muovere dubbio, non sol se Fedro sia l’autore delle Favole a lui attribuite, ma ancora se sia mai vissuto poeta di questo nome, dee aggiungersi il sig. ab. Sleìàno Marcheselli il quale ha rinnovata I’ opinione dello Scriverlo, che quelle favole siano opera del celebre Niccolò Perotto di cui diremo a lungo nella sostanza del secolo xv. Chi avrà la sofferenza (se vi sarà alcuno che l’abbia) di leggere ciò eh’egli ha scritto su tale argomento (’N. Roccoli. d‘ Opusc. t. »3, 241» potrà conoscere di qual peso sieno le ragioni ch’egli adduce a difesa della sua opinione. Io confesso che non ho avuto coraggio di leggerlo attentamente, e molto meno ho coraggio di accingermi ad esaminarlo.