Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo I, Classici italiani, 1822, I.djvu/411

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tiv. E così pur Mecenate. 3()J PARTE TERZA orazioni ancora e dialogi (ib.). E quindi aggiugne ciò che dalla mentovata * lettera di Orazio abbiam raccolto; cioè ch’egli però non voleva esser lodato se non dagli eccellenti poeti, e che ordinava a’ pretori che non permettessero che col sovente ripeterlo sul teatro il suo nome venisse in certo modo avvilito. LIV. Per ciò che appartiene a Mecenate, ad intendere quanto liberal protettore egli fosse de1’letterati e de1 poeti singolarmente, basta il riflettere ebe n1 è rimasta a’ posteri tal memoria, che il proprio di lui nome è or divenuto nome comune a tutti quelli che ne seguon l’esempio. Non è qui luogo di esaminarne la nascita, le azioni, gl’impieghi. Si posson su ciò vedere tutti gli antichi e moderni scrittori della Storia romana, e più particolarmente l’ab. Sondi a y nelle sue Ricerche sopra Mecenate (Mém, de l’Acad. des Inscr. t. 13, p. 81), e M. Richer nella Vita di Mecenate, da lui publicata in Parigi l’anno 1746. « Questi scrittori ci istruiscono abbastanza dell’antica e nobil famiglia da cui egli usciva, discendente, come credevasi, da’ re etruschi; dell’unire che in se egli fece con raro esempio l’uomo di guerra, combattendo con sommo valore nelle battaglie di Modena, di Azzio e di altre, e l’uomo di gabinetto, assistendo sempre al fianco di Augusto di cui era confidente ed amico più che ministro, consigliandolo saggiamente ne’ più pericolosi cimenti, e reprimendone ancor talvolta con ammirabil franchezza la crudeltà a cui era sul punto di abbandonarsi; de’ magnifici edificii che gli persuase d’innalzare, e che innalzò egh