Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo I, Classici italiani, 1822, I.djvu/423

Da Wikisource.

TI. Qual fosse I* rioqui uza •li Cahn e di Ortensio. VAItTE TERZA scriveva non avrebbe pensato che somigliante fine dovesse un giorno incontrare egli stesso per opera del nipote di quel medesimo Antonio, la cui funesta sorte egli allor compiangea. VL « Lascio da parte molti altri oratori de’ quali fa menzione Cicerone nel più volte citato libro, e i quali si distinguevan nel foro prima ch’ei cominciasse ad oscurare la loro gloria. Tra essi però non deesi tacere di C. Licinio Calvo, perchè egli ardì di contrastargli per più anni il primato sull’eloquenza. Cicerone ne parla non brevemente, e dissimulando la gara che già era tra loro, ne forma il carattere in modo che ben si conosce che questi due oratori doveano esser rivali. Perciocchè egli dice (De Cl Or. n. 8 3) che Calvo aveva una sua maniera di ragionare elegante sì ed esatta, ma ricercata di troppo, e come diremmo noi, affettata; il che avveniva perchè ei voleva esser creduto oratore attico, e imitatore dell’eloquenza de’ Greci. Così egli riprende Calvo, il quale a vicenda, come tra poco vedremo, riprendeva Cicerone e accusavalo di stil prolisso, e perciò languido e snervato. Convien dire che non ostante il suo atticismo fosse Calvo eloquente e robusto oratore, perchè di lui si racconta che mentre giovinetto di circa vent’anni accusava Vatinio, questi fu atterrito per modo dalla facondia di Calvo, che interrompendola, e rivolgendosi ai giudici, e che dunque? esclamò, perchè costui è eloquente, dovrò io essere condannato? Ma egli ch’era anche eccellente, benchè satirico e mordace poeta, finì di vivere in età di soli treut’anni.