Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo I, Classici italiani, 1822, I.djvu/509

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4Co PARTE TERZA fino all’estrema vecchiezza; e Plinio il Vecchio narra (l. 29, c. 4) che in età di ottantotto anni continuava Varrone a scriver libri. Finalmente in età di presso a novanti anni morì l’anno di Roma 727 (Chron. Euseb.). Vuolsi qui avvertire un errore in cui per inavvertenza è caduto il Fabricio (Bibl, lat. I. c. 7), e ch’è stato trascritto dal Bruckero (Hist. Crit. Phil. t. 2, p. 31), poichè fissando la morte di Varrone all’anno 727 di Roma, aggiungono che esso corrisponde all’anno 27 dopo la nascita di Cristo; dovendosi forse dire innanzi, secondo l’opinione di quelli che fissan la nascita di Cristo all’anno 754; la qual opinione però se sia la più probabile fra tutte le altre, io non voglio qui dsputare. XIX. Gli elogi amplissimi con cui dagli antichi è stato onorato Varrone, ci fanno abbastanza conoscere in quale stima egli fosse. E noto il verso di Terenziano Mauro in lode di lui: Vir dottissimus undecunque Varro. Il qual verso adducendo S. Agostino, di Varrone (De Civ.Dei, l.6, c. 2) dice, che tanto rilesse, lesse ch’è a stupire che pur gli rimanesse tempo a scrivere alcuna cosa; e che tanto scrisse, quanto appena crederebbe’ si che si potesse legger da alcuno. Lattanzio il chiama (l.1. Instit. c. 6)! l’uomo il più dotto tra’ Latini e tra’ Greci. Seneca parimenti lo dice dottissimo tra’ Romani (Consol. ad Helv. c. 8); e Quintiliano dopo averlo detto eruditissimo tra’ Romani , così soggiugne (l. 10, c. 1): Questi