Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo I, Classici italiani, 1822, I.djvu/566

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LIBRO TERZO 5lJ libri di medicina Cornelio Celso, di cui avremo a parlare nel seguente volume. Non si può dunque intendere per alcun modo che Plinio stesso, dopo avere indicati tutti questi scrittori di medicina, e dopo aver egli stesso più volte allegato il testimonio di Celso, voglia qui affermare che niun tra’ Romani avea ancor trattato di tale argomento. Plinio, nel luogo di cui ora parliamo, prende a narrare l’origine e le vicende di varie sette di medici che vi ebbero in Roma, e in breve ci offre la storia della medicina. E di questa par ch’egli intenda, quando asserisce che niuno tra’ Romani ne avea scritto fino a’ suoi tempi. Veggiamo dunque con Plinio qual origine avesse in Roma la medicina. U. Plinio dopo aver biasimati altamente i disordini che in quest’arte si erano introdotti, F incostanza de’ medici che ad ogni secolo cambiavan sistema, e la follia di coloro che gli chiamavano a sì gran prezzo, Ceu vero, soggiugne, non millia gentium sine medicis degant, nec tamen sine medicina, sicut populus romanus ultra sexcentesimum annum. Afferma dunque Plinio, e altrove ancor il ripete (l. 20, c. 9), che per lo spazio di oltre a secento anni non vi ebbe medici in Roma. Ma contro quest,o stesso passo di Plinio hanno alcuni moderni, e singolarmente lo Spon (Recherch. d’Antiquité, Diss. 27), e gli autori dell’Encilopedia (ari. « Medicine »), mossa grave difficoltà. Si appoggiano essi a un passo di Dionigi Alicarnasseo, il quale narra (l. 10, c. 53) che l’anno 301 la pestilenza infierì in Roma per modo, che a)