Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo I, Classici italiani, 1822, I.djvu/568

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LIBRO TERZO 5lCj oltre a secent’anni senza medici, ma non senza medicina; Sine medicis, nec tamen sine medicina. Il che vuol dire che benchè non vi fossero uomini i quali a prezzo curassero le malattie, e che facessero, o fingesser di fare studio (di medicina, eran nondimeno allor noti certi più facili e forse ancora perciò più sicuri rimedii di cui usare alle diverse occasioni, e quindi medici potevano in certo modo chiamarsi quegli che tal rimedii porgevano agl’infermi. Così Catone non era medico certamente, e pure abbiam di sopra veduto che scritto avea intorno alle malattie e a’ loro rimedii. Essendo dunque il passo di Dionigi quel solo che a Plinio si possa opporre, non par ch’esso basti a distruggerne l1 opinione che per secento e più anni non vi avesse medico in Roma. III. Prosiegue Plinio a narrare chi fosse il primo ad esercitare quest’arte in Roma. Cassio Emina, autor antichissimo, egli dice, racconta che Arcagato figliuol di Lisania venne prima di ogni altro medico a Roma l’anno 535, ossia l’anno 534, secondo le più corrette edizioni de’ Fasti Capitolini, essendo consoli Lucio Emilio e Lucio Giunio. Così legge i nomi di questi consoli il P. Arduino, citando due codici manoscritti, e aggiugnendo che nelle altre edizioni leggesi veramente M. Livio; ma che la famiglia Livia era plebea, nè perciò poteva da essa scegliersi un console. È egli possibile che il P. Arduino non abbia posto mente al celebre M. Livio Salinatore di cui tutti parlano i romani scrittori , e che in quest’anno appunto fu console insieme con L. Emilio Paolo? Ma torniamo r »