Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo I, Classici italiani, 1822, I.djvu/593

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54.< PARTE TERZA Rufo. D, lui oltre il parlarne che fanno tutti gli autori che dell antica giurisprudenza l.an favellato, abbiamo una Vita con somma erudizione e con egual diligenza descritta da Everardo Ottone, e stampata in Utrecht l’an 1737. Ma i moderni scrittori non possono che raccogliere ed esaminare ciò che ne han detto gli antichi. Or questi ci parlano di Sulpicio come di uno de’ più grandi uomini che mai fossero in Roma. Tralascio gli encomii che ne fa Quintiliano, il quale altamente ne celebra l’eloquenza (l. 10, c. 1; l. 12, c. 3)-, e Gellio, che autore del diritto civile il chiama, e uomo di molta letteratura (l. 2, c. 10). Mi basti il riferire gli elogi di cui r onorò Cicerone, il quale, oltre f averne più volte parlato in somma lode, così di lui più espressamente ragiona nel libro degl’Illustri Oratori: Ed io non saprei, dice (n. 40, ec.), chi altri mai con più impegno allo studio dell’eloquenza si rivolgesse, e di tutte le arti liberali. Ne’ giovanili studi ci esercitammo insieme, e insieme ei venne meco a Rodi affin di rendersi più colto ancora e più dotto. Poichè ne fu ritornato, a me pare eli egli amasse meglio di ottenere il primo luogo nella seconda scienza (cioè nella giurisprudenza), che nella prima (cioè nell’eloquenza) il secondo. Io non so se avrebbe, egli ancora potuto forse uguagliarsi a’ primi nel perorare. Ma volle anzi superar di gran lunga, ciò che di fatto avvenne, tutti gli altri non della sua solamente, ma ancora delle passate età nella scienza del civile diritto. E avendo Bruto interrogato qui Cicerone, se a Scevola ancora egli