Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo I, Classici italiani, 1822, I.djvu/647

Da Wikisource.

Jt)8 PARTE TERZA ma di famiglia plebea; se non si voglia che Plinio contradica apertamente a se stesso. Ma tranne questi, non so se di altri Romani si sappia che fosser pittori. Ben molti Greci veggiam nominati da Plinio, che in Roma esercitaron quest’arte; e molti Romani ancora che le più belle pitture da essi trovate nelle città e nelle provincie straniere portar fecero a Roma. Nel che giunsero alcuni a tale avidità, che essendosi trovate nella città di Sparta certe assai belle pitture, per ordine degli edili Murena eVarrone, tagliate per mezzo le quadrella delle pareti che n’erano adorne, e bene adattate in casse di legno, furono trasportate a Roma. Item Lacedaemone, dice Vitruvio (l.2, c. 8), a quibusdam parietibus edam pie turar excisae intersectis lateribus inclusae sunt in ligneis formis, et in comitium ad ornatum aedilitatis Varronis et Murenae fuerunt allatae; il che pure essersi fatto di altre pitture ch’erano sulle mura di un tempio di Cerere, si afferma da Plinio (l. 35, c. 12) sull’autorità di Vairone. IV. L’architettura per ultimo ebbe ella ancor tra’" Romani i suoi coltivatori , e forse per numero e per valore più che le altre due arti. Già abbiam di sopra nominati coloro che de’ precetti di quest’arte scrissero in Roma; i quali ancora è probabile che in essa si esercitassero. che Plinio ci indichi con quelle parole un quadro si congegnato che riguardandolo di fronte, o da qualsivoglia lato, sempre rappresentasse la figura ivi d pinta in un medesimo aspetto (Della Cerografía, Verona, 17S5, p. i4, ec.). lo rimetto a chi sa di latino il decidere se questo possa mai essere il senso delle arrecate parole.