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Comunque sia, ancorchè questi versi sieno apocrifi e supposti, ciò nulla dee pregiudicare alla antichità di cotali pitture. Essi non sono il fondamento a cui Plinio la appoggia. Una somigliante antichità egli attribuisce alle pitture di Lanuvio e di Cere, delle quali non dice che avessero aggiunti versi. Dal che raccogliesi chiaramente che l’opinione di sì grande antichità non era già fondata su tali versi, ma sulla qualità e natura delle pitture medesime, sulla costante universal tradizione, e su altri argomenti, i quali benchè da Plinio non si producano, tali però esser dovevano a formarne una morale certezza, poichè veggiamo che Plinio ne parla come di cosa indubitabile e certa1.
Eccellenza delle pitture etrusche.
XIII. Se alcuna delle etrusche pitture ci fosse rimasta, noi potremmo cogli occhi nostri medesimi giudicare della loro bellezza. Ma se anche delle greche e delle romane abbiam fatta tal perdita, che assai piccola idea ne avremmo se la scoperta delle rovine di Ercolano non ce ne avesse poste moltissime sotto degli occhi, qual maraviglia è che delle etrusche tanto più antiche non ci rimanga vestigio2? Quale però
- ↑ Nell’edizion romana dell’opera del Winckelmann si afferma (t. 3, p. 467) che si può soddisfare alle difficoltà da me a questo luogo proposte, col dire che Plinio avrà portati que’ versi secondo l’ortografia e la pronunzia de’ suoi tempi, e direi quasi a senso. Ma questa è appunto la prima delle congetture da me recate a spiegare i versi da Plinio riportati.
- ↑ Ho asserito che non ci rimane vestigio alcuno delle pitture etrusche; e tale pure è il sentimento del conte Caylus da me citato più sotto. Forse le figure