Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo II, Classici italiani, 1823, II.djvu/103

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perciò a deridere l’eloquenza di Seneca, che allora era in gran pregio, amava un dir rapido e veemente; e talvolta all’improvviso ancora rispondeva alle altrui orazioni che ad accusare, o a difendere qualche reo recitavansi da altri in senato (Svet. ib. Joseph. Antiq. Jud. l. 19? c- 2)« Anzi un trattato di eloquenza scritto latinamente da Caligola rammenta Snida ». Al principio del suo impero per conciliarsi l’amor de’ sudditi coll’annullare gli ordini di Tiberio, avea permesso che si leggessero e si pubblicassero di nuovo i libri di Tito Labieno, di Cremuzio Cordo, e di Cassio Severo, che quegli avea dannati alle fiamme. Ma ciò non ostante il regno di Caligola non fu men funesto alle lettere che quel di Tiberio; e l’eloquenza di cui egli vantavasi, per poco non fu fatale a Domizio Afro orator celebre a quel tempo, di cui vedremo a suo luogo che perciò solo che pareva più di lui eloquente, sarebbe stato ucciso, se non avesse egli avuto ricorso al mezzo eli’ era il solo efficace, di una vilissima adulazione. Un altro oratore detto per nome Carinna Secondo fu da lui mandato in esilio, solo perchè una declamazione avea per suo esercizio recitata contro la tirannia. Contro i professori delle altre scienze in cui non era egli istruito, molto più mostrossi crudele. Poco mancò che dalle biblioteche, in cui a onorevol memoria erano state locate, non togliesse le statue di Virgilio e di Livio, dicendo scioccamente che quegli era stato uomo di niuno ingegno e di assai leggera dottrina, e che questi era una storico verboso e negligente, Pensò ancora di sopprimere