Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo II, Classici italiani, 1823, II.djvu/104

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interamente le poesie d’Omero, per folle vanto d’imitare Platone che nell’imaginaria sua repubblica aveane proibita la lettura Svet. c. 34) Vantavasi ancora di voler toglier totalmente di mezzo la scienza de’ giureconsulti e tutti i loro libri, dicendo che avrebbe fatto in modo che altro parere non si potesse seguire fuorchè il suo (ib.). Queste nondimeno non furono che pazzie meditate. Un certo Apelle che da Dione dicesi il più valente tra gli attori di tragedia che allora fosse (l. 19), e carissimo a Caligola, interrogato da lui, mentre stava innanzi a una statua di Giove, chi di lor due gli paresse migliore, perchè si rimaneva dubbioso qual risposta avesse a fargli, fu crudelmente fatto flagellare; e mentre l’infelice dolentemente implorava pietà e perdono, il barbaro compiacendosene lodava la dolcezza e soavità di quella flebile voce (Svet c. 33). Più infelice fu un poeta scrittore di quelle favole che dicevansi Atellane; perciocchè per un sol verso che poteva aver senso ambiguo, e credersi forse indirizzato contro di lui, per ordine di Caligola fu in mezzo all’anfiteatro arso vivo Svet. c. 27). Io non parlo qui delle letterarie sfide di eloquenza da lui istituite in Lione, perciocchè esse non appartengono al mio argomento, ma sì alla storia letteraria delle Gallie, che da’ dotti Maurini è stata diligentemente illustrata. VI. La crudeltà di Caligola giunse a tal segno che, stanchi finalmente alcuni di più oltre soffrirla, nel quarto anno del suo impero congiurarono contro di lui, e per mano di Cherea tribuno delle guardie pretoriane lo