Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo II, Classici italiani, 1823, II.djvu/106

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oggetto a cui egli mostrasse qualche favorevole disposizione; applicato perciò ad esse da’ suoi parenti, poichè di ogni altro esercizio sembrava incapace. Egli attentamente le coltivò , e die’ vari saggi del suo profitto (id. c. 3). Una commedia greca, essendo già imperadore, compose egli, e rappresentar fece in Napoli , e in competenza di altre che si recitarono, per sentenza di giudici a ciò deputati riportò l’onore della corona; nel che però è facile che 1 adulazione più che il retto giudizio conducesse que’ giudici. Amantissimo del giuoco, di esso pure scrisse e divulgò un libro (id. c. 33). Prese ancora a scrivere la storia romana, e due libri compose delle cose avvenute dopo la morte di Cesare; ma poi veggendo che cosa troppo pericolosa era lo scrivere di tal materia, lasciati que’ tempi, la cominciò dalla pace seguita dopo la battaglia d’Azzio, e ne scrisse xli libri. Otto libri ancora egli scrisse della propria Vita con più eleganza che senno, dice Svetonio. Inoltre 111 fapologia, che lo stesso Svetonio dice assai erudita , di Cicerone contro i libri di Asinio Gallo , il quale avendo fatto un confronto tra lui e Asinio Pollione suo padre, aveva a questo data la preferenza. VII. Era egli ancora nella lingua greca versato assai, e ne usava non rade volte anche in senato (Svet. c. 42)j anzi due altre storie in tal lingua egli scrisse, una degli Etruschi (e non di Tiro, come hanno scritto gli autori della Storia Letteraria di Francia (t. 1, c. 174), troppo male interpretando la parola T/rrenicon