Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo II, Classici italiani, 1823, II.djvu/139

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VI. E’ .amc d«*i |»r«*gi che in ••ssa rasvua M. tfannouIcl. t che vi si scorge la fretta con cui fu scritta; che Lucano felice talvolta nella scelta dell espressione, altre volte accenna solo il suo pensiero con termini così confusi, che difficilmente se ne rileva il senso; che i versi sono tratto tratto armoniosi, ma per lo più duri e tronchi; che il colorito è tetro e unisono, e che l’arte maravigliosa del chiaroscuro a Lucano è affatto ignota; ch’egli entra in minutezze tali che snervando il racconto ne indeboliscon la forza; che dopo esser giunto ad esprimere il grande e il vero, trasportato dall impeto ei passa oltre, e cade spesso in quella gonfiezza di cui viene ripreso; che il poema manca di unione e di tessitura; che l’azione n’è dispersa, sconnessi gli avvenimenti, isolate tutte le scene; e ch’egli finalmente ha seguito il filo della storia, ed ha rinunciato quasi interamente alla gloria dell’invenzione. Tutti questi difetti riconosce sinceramente M. Marmontel in Lucano; e io non so se alcuno de’ più dichiarati nimici di questo poeta ne abbia fatta una critica più severa e più giusta. VI. E nondimeno M. Marmontel trova sì gran pregi in Lucano , ch’egli reputa ben impiegata la sua fatica in tradurlo. Sembra difficile che a tanti difetti possano essere ancor congiunti pregi sì grandi. E quai son eglino questi pregi? Versi di una bellezza sublime. Ma se essi sono per lo più duri e tronchi, come egli ha confessato, questa sublime bellezza si vedrà ben di raro. Pitture, la cui forza non è indebolita che da minutezze che si cancellano con un tratto di penna; cioè pitture