Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo II, Classici italiani, 1823, II.djvu/140

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che saia» belle, quando sian fatte diversamente; perciocchè se, oltre le puerili minutezze , il colorito ancora è tetro e unisono, come M. Marmontel ne conviene, e non ha punto della grazia del chiaroscuro, egli è evidente che a render belle e lodevoli cotai pitture, converrà ritoccarle di tal maniera che appena sembrin più desse. Passi drammatici di rara eloquenza, quando se ne tolgano alcuni luoghi di declamazione; che è quanto dire, quando a un’eloquenza importuna e puerile una se ne sostituisca virile e soda. Caratteri disegnati con ardire uguale a quello d’Omero e di Cornelio , pensieri di una profondità e di una elevatezza marnai gl iosa, un fondo di filosofia a cui non si trova l’uguale in alcun altro degli antichi poemi; ma caratteri e pensieri e sentimenti ne’ quali, come sopra ha detto m. Marmontel, Lucano dopo esser giunto ad esprimere il vero e il grande, cade in quella vota gonfiezza che tanto in lui ne dispiace; ed espressi più volte con termini così confusi che appena se ne rileva il senso, coni’ egli stesso concede. Il merito di aver fatto parlare degnamente Pompeo, Cesare, Bruto, Catone, i consoli di Roma e la figlia degli Scipioni. Ma se queste parlate hanno i difetti che nel poema di Lucano riconosce M. Marmontel, non sembra che egli abbia fatto parlare i detti personaggi con quella dignità che loro si conveniva. In una parola, conchiude, il più grande de’ politici avvenimenti rappresentato da un giovane con una maestà che impone, e con un coraggio che confonde. Altri forse direbbe: con una gonfiezza