che annoia, e con una presunzion che ributta. E certo all’esaminare i.gran cambiamenti che questo traduttor valoroso ha pensato di dover fare e nelle narrazioni e nelle
orazioni e in quasi tutti i passi di Lucano,
raccogliesi chiaramente ch’egli stesso ha conosciuto (ed uomo come egli è di ottimo gusto
e di finissimo discernimento in poesia non
poteva a meno di non conoscerlo) che questo
poema, perchè potesse piacere, dovea esser
corretto e mutato in gran parte. Ed io penso
che ciò non ostante non vorrebbe M. Marmontel esser creduto autore, anzichè traduttore di
un tal poema.
VII. Anche M. de Voltaire parla di Lucano
in maniera che gli apologisti di questo poeta
potranno per avventura esserne a primo aspetto
contenti. Egli confessa (Essai sur le poeme
epique) che Lucano non ha alcuna delle belle
descrizioni che trovansi in Omero, che non
ha V arte di raccontare, e di non andare tropp’oltre, la quale è propria di Virgilio; che
non ne ha nè l’eleganza ne I’ armonia; ma aggiugne che vi ha ancor nella Farsalia bellezze
tali che non veggonsi nè nell’Iliade nè nell’Eneide. E quali sono esse? Nel mezzo delle sue ampollose declamazioni vi sono di que’ pensieri
sublimi e arditi, e di quelle massime politiche
di cui è pieno il Cornelio. Alcune delle sue
parlate hanno la maestà di quelle di Livio e
la forza di Tacito: ei dipinge come. Sallustio.
Io credo che lo stesso M. de Voltaire siasi
avveduto che tal confronto era troppo onorevole a Lucano, e troppo ingiurioso a’ tre