Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo II, Classici italiani, 1823, II.djvu/142

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nominati autori; perchè egli soggiugne cosa che interamente distrugge le lodi finora date a questo poeta. In una parola, egli è grande, ovunque non vuole esser poeta. Or egli è certo che Lucano sempre ha voluto esser poeta; e perciò, secondo il sentimento di M. de Voltaire, dovrassi dire ch’egli non è mai grande. E veramente io pregherei volentieri M. de Voltaire ad additarci quali siano le parlate presso Lucano, e quali le descrizioni che a quelle de’ tre scrittori mentovati si posson paragonare. E in ciò singolarmente che è descrizione, come mai la precisione e la forza di Sallustio può venire a confronto colla vota e slombata prolissità di Lucano? VIII. Nè voglio io già negare che Lucano fosse poeta di grande ingegno; che anzi ne’ , difetti che noi veggiamo in lui, non cade se non chi abbia ingegno vivace e fervida fantasia. Ma oltrechè egli era in età giovanile troppo e immatura per ordire e condurre felicemente un poema, avvenne a lui prima che ad ogni altro (in ciò che è poema epico) quella che avvenir suole a’ poeti che hanno, non so se dica, la sorte, o la sventura, di venir dietro a quelli che han condotta a perfezione la poesia; e ciò appunto che era avv enuto ancora agli oratori dopo la morte di Cicerone, come nel precedente volume si è dimostrato. Virgilio avea composto un poema epico il più perfetto che fra’ Latini si fosse ancora veduto. Lucano dalla vivacità dell’ingegno e dal brio della gioventù si sente spronato a intraprendere egli pure un poema, e si lusinga di lasciarsi