Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo II, Classici italiani, 1823, II.djvu/143

Da Wikisource.
106 Libro

addietro l’Eneide. Ma come farlo? A me par di vedere un giovane ed inesperto scultore che ha innanzi gli occhi una statua greca di bellezza mai avigliosa , e stoltamente si confida di farne un’altra che possa vincerla al paragone. Ma il modello che gli sta innanzi, ha una proporzione di membra , una forza di espressione, una grazia di atteggiamento che non si può andare più oltre. Che fa egli dunque? Ricorre allo sforzato ed al gigantesco. Eccovi un colosso che ha tutte le membra stragrandi, ma senza quella esatta proporzione tra loro, senza cui non può esser bellezza; atteggiamento energico, ma contro natura*, espression viva, ma violenta e forzata. L’uom rozzo che tanto più ammira le cose, quanto più esse gli empiono gli occhi, lo contempla con maraviglia; ma l’uom colto appena lo degna di un guardo, e passa. Tale appunto mi sembra la Farsalia in paragon coll’Eneide. Presso Virgilio i caratteri, le descrizioni, le parlate, i racconti, tutto è secondo natura: in Lucano tutto è gigantesco; ma in Virgilio la natura è espressa con tutta la grazia, la forza, la leggiadria, di cui essa è adorna; in Lucano quasi ogni cosa è mostruosa e sformata; non sa parlare, se non declama; non sa descrivere, se non esagera; detto perciò ottimamente da Quintiliano poeta ardente e impetuoso (l. 10, c. i),- ma che non sa contenersi, e va ovunque l’impeto il porta. Quintiliano aggiugne eli’ egli è da annoverarsi tra gli oratori anziché tra p eti; ma forse meglio avrebbe detto tra’ declamatori. La lode che lo stesso autor gli concede, di grande nd