Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo II, Classici italiani, 1823, II.djvu/189

Da Wikisource.
152 Libro

mediocrità da cui non esce se non chi può liberamente secondare il suo talento ì XXXIV. Come nondimeno frequenti erano in Roma i teatrali spettacoli, furonvi ancora molti scrittori di commedie e di tragedie. Tra questi il solo che da Quintiliano si nomina con elogio (l. 10, c. 1) e che da lui si dice superiore d’assai a tutti gli altri da lui conosciuti, è Pomponio Secondo, di cui narra che i vecchi accusavanlo come non troppo tragico, ma. confessavano nondimeno che in erudizione e in eleganza superava tutti. Plinio il Vecchio, di cui era stato amicissimo, aveane in due libri scritta la Vita (Plin. jun. l. 3, ep. 5); e più volte si fa menzione di lui presso Tacito (l. 5 Ann. c. 8; l. 11, c. 13 , ec.) L’autor del Dialogo sul decadimento dell’eloquenza il dice uomo in gloria non inferiore ad alcuno (n. 13). E questa gloria dalle sue tragedie singolarmente gli fu acquistata. Plinio il Giovane di lui racconta (l. 7, ep. 17) che allor quando alcuno dei suoi amici esortar alo a far qualche cambiamento nelle sue tragedie, e che egli noi giudicava opportuno, soleva provocare al giudizio del popolo, e ritenere ciò che esso col suo applauso approvasse. Il march. Maffei vuole che ei fosse veronese di patria (Verona illustr. par. 2). A me non pare ch’egli ne rechi prova valevole ad affermarlo; ma non vi ha neppure ragion bastevole a negarlo. Veggansi le notizie che intorno a questo poeta egli ha diligentemente raccolte, e con lui si avverta che da questo Pomponio Secondo vuolsi distinguere un altro Pomponio bolognese scrittore di quelle favule