scorgervi uno stile diverso per tal maniera da
quel di Tacito, che ancorchè io non reputi
comunemente troppo forte l’argomento preso
dalla diversità dello stile, in questo caso nondimeno , parmi, direi quasi, impossibile che
lo scrittor del Dialogo sia lo stesso che lo
scrittor della Storia e degli Annali. Inutilmente
stancasi il Salinerio (Not. ad luuic Diai) nelf am lare ili cerca di alcune frasi delle Storie
di Tacito, che incontransi ancora in questo
Dialogo. Qual autore vi è mai in cui non trovinsi espressioni da altri usate? A questa maniera un’epistola di Seneca potrebbe dirsi
scritta da Cicerone, Ma egli è certo che in
questo Dialogo non trovasi punto della precisazione, della forza, dell’oscurità, dell’antitesi,
del sentenziar concettoso di Tacito. Lo stile
è dolce, facile, sciolto, e tale che se non vi
fossero alcune espressioni che sanno di età
più tarda, potrebbesi credere a ragione un
componimento del secol di Cesare, o di Augusto (14). Questa difficoltà non è ugualmente
(•)■) Il P. Rrotier, della cui bella edizione di Tacilo
venutami tardi alle mani parlerò nel Capo seguente,
crete e sostiene die Tacito sia l’autor del Dialogo, e
alla difficolta principale che è la diversità dello siile ,
risponde die probabilmente egli lo scrisse in eia giovanile. Che Tacito fosse giovane, quando si tenne il
Dialogo, cioè nel sesto anno di Vespasiano, non può
negarsi; essendo egli nato verso l’anno (io, come vedremo , e cad ndo il sesto anno di questo impera ore
nel 7 ». Ma che l’autor lo scrivesse in eli g.ovamle,
non panni che si possa basi antemente provare. Certo
ei parla in modo m Ila introduzione, cui recheremo
TiRABOSCBI, Voi li.
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