Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo II, Classici italiani, 1823, II.djvu/199

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l62 LIBRO forte per riguardo a Quintiliano, il cui stile, benchè non sia sì colto come quello del Dialogo, non è però sì diverso che non possa egli ancora credersene autore. Ma altre ragioni ci vietan di farlo. Il Dodwello (Ann. Quint 11, 28) molte ne arreca, di cui due sole io accennerò brevemente. Quintiliano dice (l. 8, c. 6) di aver lungamente trattato dell’iperbole nel libro in cui ha esposte le ragioni del decadimento dell’eloquenza. Sed de hac satis , quia eumdem locum plenius in eo libro quo caussas cormptae eloquentiae reddebamus, tractavinius. E queste son le parole che hanno condotti alcuni a credere Quintiliano autor di questo Dialogo. A dir vero però, da queste parole medesime si prova la falsità di tale opinione. Perciocchè intorno all’iperbole nulla veggiam nel Dialogo di cui trattiamo, il quale anzi è di tutt’altro argomento, che delle figure usate dagli oratori. Ma a questo Dialogo, dicono alcuni, un altro doveva esser congiunto; poichè nel finir di esso si fa qualche cenno di voler tornare sulla frappoco , elie sembra indicare esser già trascorso non poco tempo. dacché egli era intervenuto al Dialogo, inoltre egli è vero che spesso 1111 autore medesimo in diverse età e in occasioni diverse usa di diverso stile; ma appena è mai che non vi si vegga una maniera di pensare e di scrivere assai somigliante, trattone allor quando si voglia studiosamente contraffare lo stile; il che io non veggo per qual ragione si volesse fare da Tacito. Confesso n‘>ndimeno che il vedere il I1. Tìrotier, uomo si lungamente versato nella lettura non sol di Tacito , ina di tutti gli antichi autori. essere ili parere contrario al mio, mi renile assai più incerto e dubbioso eh’ 10 dapprima non fossi su questo.