e nipoti di un’altra Flavia sorella di Domiziano
(V. Eduardi Vitry Diss. de T. Flav. Clem. tumulo); de’ quali, se imitasser l’esempio de’ lor
genitori, o se vivessero idolatri, è affatto incerto. Il dirsi da Ausonio (in Gratiar. Actione)
che Quintiliano per mezzo di Clemente ricevette
gli onori del consolato, fa credere comunemente
che di questo Clemente medesimo egli intenda
di ragionare; e che questi per mostrarsi grato
a Quintiliano della cura adoperata in istruire i
suoi figli, gli ottenesse quelle stesse onorevoli
distinzioni che proprie eran de’ consoli. Ma il
Dodwello assai lungamente combatte questa
opinione, e sostiene che Ausonio parli di un altro Clemente a’ tempi di Adriano, e che allor
solamente conceduto fosse a Quintiliano un tal
onore. A me non sembra che le ragioni del
Dodwello siano di gran peso; ma molto meno
mi sembra che sia pregio dell’opera il trattenersi lungamente su tal quistione. In qual anno
ei morisse, non è possibile accertarlo, poichè
non ne abbiamo cenno alcuno negli antichi
scrittori. Fu egli uomo di carattere onestissimo,
e dotato di tutte quelle virtù che il buon uso
della ragion naturale può insegnare. Egli stesso
senza volerlo ci ha dipinto se medesimo ne’
suoi libri. Veggasi singolarmente con qual forza
egli ragioni (l. 12, c. 1) a mostrare che non
può esser valoroso oratore chi non è ben costumato; come prescrive che ogni cosa si
esprima con dignità e con verecondia, dicendo
che a troppo caro prezzo si ride, quando si
ride con danno della onestà (l. 6, c. 2); come
riprende Afranio, perchè d’immodesti amori