Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo II, Classici italiani, 1823, II.djvu/226

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era possibile; e quindi vantandosi di parlar come Seneca, veniva con ciò ad infamarlo. Egli per altro fu uomo di molte e grandi virtù, di ingegno facile e copioso, di continuo studio e di gran cognizion delle cose, benchè in alcuna talvolta sia stato ingannato da quelli a cui commettevane la ricerca. Quasi ogni genere di scienza fu da lui coltivato, e ci restano orazioni e poemi e lettere e dialogi da lui composti. Poco diligente nel trattare argomenti filosofici, egli fu nondimeno egregio ripreditore de’ vizj. Molti ed ottimi sentimenti in lui si trovano, e molte cose degne d’esser lette per regola de’ costumi. Ma lo stde n è comunemente guasto, e tanto più pericoloso, perchè i difetti ne son piacevoli e dolci. Sarebbe a bramare ch’egli scrivendo avesse usato del suo proprio ingegno, e del giudizio altrui. Perciocchè se di alcune cose ei non si fosse curato, se non fosse stato troppo desioso di gloria, se troppo non avesse amato tutte le cose sue, se non avesse co’ raffinati concetti snervati i più gravi e i più nobili sentimenti, egli avrebbe in suo favore l’universal consenso de’ dotti, anzichè l’amor de’ fanciulli. Qual egli è nondimeno, debbe ancora esser letto dagli uomni già maturi e formati a una sola eloquenza, anche perchè possan con ciò avvezzarsi a discernere il reo dal buono. Perciocchè, come ho detto, molte cose degne di lode in lui sono, molte ancor degne d’ammirazione, purchè si sappino scegliere. E così avesse fatto egli stesso! perciocchè un ingegno tale che poteva qualunque cosa volesse, degno era